Il diabete pesa sui reni e sul cuore
Curare il diabete non significa solo riportare la glicemia a livelli normali, ma anche e soprattutto proteggere le persone che ne sono colpite dalle gravi complicanze cardiovascolari e renali che il diabete provoca e che impattano sulla qualità e sulla durata della vita. Questi i temi al centro di un recente congresso che si è svolto all'ospedale Gemelli a Roma "Al cuore del diabete" organizzato dal professor Andrea Giaccari. Obiettivo prioritario è applicare alla pratica clinica le indicazioni delle linee guida sulla protezione nefrologica e cardiovascolare, un obiettivo ancora lontano. Negli ultimi anni sono arrivati anche in Italia farmaci che agiscono sulla protezione cardio-renale, che le linee guida internazionali raccomandano di utilizzare dal momento della diagnosi di diabete. Si tratta degli Sglt2 inibitori e degli agonisti del recettore di Glp1, che stentano ad essere prescritti dagli specialisti e dai medici di famiglia; dunque non arrivano ai pazienti. Proprio per avvicinare sempre più la teoria della ricerca, alla pratica clinica, in altre parole per far entrare nella quotidianità dell'assistenza le nuove terapie salva-cuore e salva-reni, efficaci anche in chi non ha il diabete, da tre anni viene organizzato al Gemelli il congresso "Al cuore del diabete". «Il diabete - spiega il professor Andrea Giaccari, professore di Endocrinologia dell'Università Cattolica - non va mai visto come una "semplice" alterazione del metabolismo del glucosio. Raddoppia infatti il rischio di ictus e infarto, oltre che di insufficienza cardiaca e renale; oltre la metà delle persone in dialisi ha il diabete. Le persone con diabete in altre parole devono avere degli obiettivi di prevenzione cardiovascolare e renale più stringenti, perché la presenza di questa malattia amplifica il rischio di altre patologie».